Rosso Malpelo
La novella Rosso Malpelo è il primo testo propriamente verista di Verga. Pubblicata per la prima volta nell'agosto 1878, la novella Rosso Malpelo entrò a far parte della raccolta Vita dei campi, che comprende altre sette novelle, tra le più famose di Verga.
La novella, ambientata in Sicilia, narra la drammatica esperienza di un ragazzo emarginato e sfruttato, costretto a lavorare in una cava di sabbia in condizioni disumane. Nel rappresentare la dura realtà sociale della sua terra, tuttavia, Verga rinuncia ad ogni forma di denuncia sociale diretta, lasciando parlare i fatti e affidando la narrazione alla voce dei lavoratori della cava, induriti da una vita di stenti. In questo mondo privo di affetti e dominato dalla legge dell’utile economico, il protagonista matura una superiore consapevolezza delle leggi di sopraffazione che regalano la vita e, con una sorta di lucido orgoglio, va incontro senza esitazioni al proprio destino. La denuncia sociale resta del tutto implicita, ma risulta tanto più efficace in quanto nasce da una rappresentazione apparentemente oggettiva.
ANALISI
Il testo è prevalentemente descrittivo in quanto è finalizzato alla presentazione del protagonista delineandone il carattere e la personalità, quindi fissandone il profilo. Ciò non toglie che dentro il ritratto di Rosso Malpelo vengano inseriti alcuni episodi narrativi riguardanti un unico tema portante: la morte.
Titolo sequenza Funzione
Malpelo e l’unico affetto Descrittivo
La Morte del padre Narrativo
Il rapporto fra Malpelo e Ranocchio Descrittivo
Il ritrovamento di Mastro Misciu Descrittivo
La morte dell’asino grigio e di Ranocchio Narrativo
La scomparsa di Malpelo Narrativo
In Rosso Malpelo troviamo un narratore che è esterno alla vicenda ed è un osservatore impassibile e oggettivo. Verga si limita a registrare solamente i fatti senza alcun tipo di commento e di intervento esterno, rendendo la realtà ancora più brutale al lettore.
Il narratore fa riferendo ai discorsi e ai pensieri dei personaggi indirettamente, utilizzando un discorso indiretto libero ma riportandone le medesime parole. La tecnica usata fa si che la scena sia cruda e reale conferendo così immediatezza al racconto.
Nell’opera viene usato uno stile denotativo, riportando fatti e situazioni in modo oggettivo.
Il linguaggio è risultato della fusione della lingua italiana con espressioni derivati dalla parlata regionale siciliana. Il lessico comprende vocaboli italiani o derivati dal dialetto accompagnati da vezzeggiativi e dispregiativi, usati per offendere Malpelo.
C’è una prevalenza di periodi piuttosto lunghi, composti da proposizioni collegate per coordinazione.
I personaggi vengono definiti in base a rapporti di forza e sono divisi in due gruppi nettamente distinti fra di loro: I soprafattori (l’ingegnere, il capocantiere, lo Sciancato) e le vittime (mastro Misciu, Rannocchio, l’asino grigio). Malpelo si rapporta solo con gli altri ‘vinti’, verso i quali ha tuttavia un atteggiamento ambiguo: è legato a Ranocchio da un sincero affetto, ma proprio per questo talvolta lo percuote, per insegnarli le dure regole della vita. Rispetto agli altri lavoratori della cava, Malpelo è chiaramente un escluso, crescendo impara a sue spese la dura legge che domina l’esistenza e vi si adegua con una lucidità intellettuale che lo porta a elaborare una vera e propria filosofia di vita: il mondo si divide in vittime e oppressori ed lui accetta il suo ruolo di vittima cercando di sopravvivere e di difendersi al meglio delle sue forze.
RIASSUNTO
Malpelo e l’unico affetto
Malpelo il cui vero nome era stato dimenticato persino da sua madre, viene chiamato cosi a causa della sua diversità di capelli e di carattere, in quanto secondo una leggenda popolare, questo nome veniva dato alle persone con i capelli rossi e di animo cattivo. Malpelo lavorava con suo padre,Mastro Misciu Bestia, in una cava di rena. Il “Bestia” era l’unico che gli dava affetti; sia in famiglia che al lavoro lo disprezzavano. Sua madre e sua sorella lo consideravano solo una fonte di guadagno mentre i suoi compagni, nonostante condividessero con lui le stesse disumane condizioni di lavoro, comunicavano con lui solo attraverso le botte e il disprezzo. Malpelo, per segno di gratitudine, prendeva le difese del padre ogni volta che egli veniva deriso dagli altri operai, a causa del sue mite e si accontentava persino di svolgere il lavoro degli altri pur di guadagnarsi il pane.
La Morte del padre
Un giorno Mastro Misciu e suo figlio restarono soli nella cava per terminare un lavoro preso a cottimo che consisteva nell’ eliminare un pilastro dalla volta della galleria. La sera tardi, mentre Malpelo stava sistemando gli attrezzi del padre, sentì un tonfo sordo e il pilastro cadde all’improvviso addosso a Mastro Misciu. Quando l’ingegnere della cava e zio Mommu vennero a sapere dell’accaduto, il padre di Malpelo era ormai già morto. Nel momento in cui andarono a cercarlo nessuno fece caso al figlio che scavava nella rena nella speranza di ritrovare il padre in vita. Da allora, Malpelo non si volle più allontanare da quella galleria e diventò crudele quasi volesse vendicare sui deboli tutto il male che gli altri avevano fatto a lui e al suo Babbo.
Il rapporto fra Malpelo e Ranocchio
Poco tempo dopo la morte del padre, nella cava venne a lavorare un ragazzino piccolo e gracile che prima faceva il manovale. A causa della sua camminata gli venne dato l’appellativo di Ranocchio e diventò subito oggetto di tirannia da parte di Malpelo che, dando sfogo alla sua rabbia lo picchia e lo insulta spronandolo a reagire in quanto vuole che Ranocchio impari la dura legge dell’esistenza. In realtà,Malpelo, prova un sentimento di pietà per Ranocchio e la sua amicizia lo porta a provare preoccupazione per la sua sopravvivenza in miniera. Per far si che non gli accada niente di grave nella cava, Malpelo aiuta Ranocchio nei lavori più pensanti e gli offre la sua razione di cibo perché che non muoia di fame, proprio come aveva Mastro Miscu aveva fatto con lui.
Il ritrovamento di Mastro Misciu
Con il passare del tempo venne ritrovata una scarpa di Mastro Misciu Bestia;, questa notizia sconvolse Malpelo tanto che volle andare a lavorare in un altro punto della cava. Una volta rinvenuto il corpo del marito, la madre di Malpelo rimpicciolì i calzoni e la camicia adattandoli al figlio il quale per la prima volta fu vestito quasi a nuovo. L’attaccamento morboso agli oggetti del padre dimostrava la continuità degli affetti che veniva esercitata attraverso il lavoro.
La morte dell’asino grigio e di Ranocchio
Due eventi luttuosi colpirono nuovamente Malpelo nei suoi affetti più cari e lo portarono verso una solitudine totale. L’asino grigio, sfogo di tutta la cattiveria di Malpelo morì di stenti e di vecchiaia
e non poco tempo più tardi, la stessa sorte toccò a Ranocchio che morì di tubercolosi.
Quando Malpelo andò a trovare a casa Ranocchio non capì perché la madre si disperasse tanto, non capì se il suo dolore fosse solo utilitaristico o propriamente affettivo. Malpelo non aveva mai conosciuto amore e non riusciva a comprendere una tale disperazione come se quel” figliuolo” guadagnasse 10 lire la settimana.
La scomparsa di Malpelo
Con la morte di Mastro Misciu, Malpelo viene completamente abbandonato: non ha più una famiglia poiché la vedova di Mastro Misciu e la sorella di sposano entrambe.
Senza niente più da perdere, la sua vita non vale più nulla e Malpelo decide di rischiare e va verso lo stesso destino che aveva avuto il padre:la cava non perdona e la morte sarà la fine della sofferenza e l’unica liberazione possibile.
CONTESTUALIZAZIONE
La Novella è chiaramente ispirata ai canoni veristi che conobbero larga diffusione, in particolare, nella seconda metà dell’Ottocento.
La conversione letteraria di Verga al Verismo si può datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata una novella intitolata Nedda, definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non è più urbano ma rurale; la storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti sono umili contadini. La protagonista della vicenda è una donna, la sua situazione è tragica e concreta, non astratta e sentimentale.
Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro del lavoro dello scrittore catanese, nella novella di Rosso Malpelo ritroviamo, infatti, tutti questi aspetti.
L’opera di Verga va inquadrata soprattutto da un punto di vista socio – economico – politico, per comprendere appieno le sue tematiche: è il periodo della rapida industrializzazione, in un paese fondamentalmente agricolo. Nel sud corrisponde alla crisi agraria ed all’inizio dell’emigrazione. Verga è un intellettuale meridionale che mostra questi disagi: esprime l’estraneità della cultura meridionale alla industrializzazione del nord. Questo gli consente di vedere limiti e contraddizioni del tanto decantato progresso: perdita di valori umani, sopraffazione, corsa all’arricchimento sulla pelle degli altri. Nella conclusione: la "disperata rassegnazione" di Malpelo sembra essere la stessa di Verga; l’autore da al personaggio la sua stessa sfiducia sulla possibilità di cambiare la condizione umana (determinata dalla legge della sopravvivenza del più forte), il suo scetticismo nei confronti di ogni possibilità di progresso, si è "vinti" proprio nel tentativo di progredire.
La novella, ambientata in Sicilia, narra la drammatica esperienza di un ragazzo emarginato e sfruttato, costretto a lavorare in una cava di sabbia in condizioni disumane. Nel rappresentare la dura realtà sociale della sua terra, tuttavia, Verga rinuncia ad ogni forma di denuncia sociale diretta, lasciando parlare i fatti e affidando la narrazione alla voce dei lavoratori della cava, induriti da una vita di stenti. In questo mondo privo di affetti e dominato dalla legge dell’utile economico, il protagonista matura una superiore consapevolezza delle leggi di sopraffazione che regalano la vita e, con una sorta di lucido orgoglio, va incontro senza esitazioni al proprio destino. La denuncia sociale resta del tutto implicita, ma risulta tanto più efficace in quanto nasce da una rappresentazione apparentemente oggettiva.
ANALISI
Il testo è prevalentemente descrittivo in quanto è finalizzato alla presentazione del protagonista delineandone il carattere e la personalità, quindi fissandone il profilo. Ciò non toglie che dentro il ritratto di Rosso Malpelo vengano inseriti alcuni episodi narrativi riguardanti un unico tema portante: la morte.
Titolo sequenza Funzione
Malpelo e l’unico affetto Descrittivo
La Morte del padre Narrativo
Il rapporto fra Malpelo e Ranocchio Descrittivo
Il ritrovamento di Mastro Misciu Descrittivo
La morte dell’asino grigio e di Ranocchio Narrativo
La scomparsa di Malpelo Narrativo
In Rosso Malpelo troviamo un narratore che è esterno alla vicenda ed è un osservatore impassibile e oggettivo. Verga si limita a registrare solamente i fatti senza alcun tipo di commento e di intervento esterno, rendendo la realtà ancora più brutale al lettore.
Il narratore fa riferendo ai discorsi e ai pensieri dei personaggi indirettamente, utilizzando un discorso indiretto libero ma riportandone le medesime parole. La tecnica usata fa si che la scena sia cruda e reale conferendo così immediatezza al racconto.
Nell’opera viene usato uno stile denotativo, riportando fatti e situazioni in modo oggettivo.
Il linguaggio è risultato della fusione della lingua italiana con espressioni derivati dalla parlata regionale siciliana. Il lessico comprende vocaboli italiani o derivati dal dialetto accompagnati da vezzeggiativi e dispregiativi, usati per offendere Malpelo.
C’è una prevalenza di periodi piuttosto lunghi, composti da proposizioni collegate per coordinazione.
I personaggi vengono definiti in base a rapporti di forza e sono divisi in due gruppi nettamente distinti fra di loro: I soprafattori (l’ingegnere, il capocantiere, lo Sciancato) e le vittime (mastro Misciu, Rannocchio, l’asino grigio). Malpelo si rapporta solo con gli altri ‘vinti’, verso i quali ha tuttavia un atteggiamento ambiguo: è legato a Ranocchio da un sincero affetto, ma proprio per questo talvolta lo percuote, per insegnarli le dure regole della vita. Rispetto agli altri lavoratori della cava, Malpelo è chiaramente un escluso, crescendo impara a sue spese la dura legge che domina l’esistenza e vi si adegua con una lucidità intellettuale che lo porta a elaborare una vera e propria filosofia di vita: il mondo si divide in vittime e oppressori ed lui accetta il suo ruolo di vittima cercando di sopravvivere e di difendersi al meglio delle sue forze.
RIASSUNTO
Malpelo e l’unico affetto
Malpelo il cui vero nome era stato dimenticato persino da sua madre, viene chiamato cosi a causa della sua diversità di capelli e di carattere, in quanto secondo una leggenda popolare, questo nome veniva dato alle persone con i capelli rossi e di animo cattivo. Malpelo lavorava con suo padre,Mastro Misciu Bestia, in una cava di rena. Il “Bestia” era l’unico che gli dava affetti; sia in famiglia che al lavoro lo disprezzavano. Sua madre e sua sorella lo consideravano solo una fonte di guadagno mentre i suoi compagni, nonostante condividessero con lui le stesse disumane condizioni di lavoro, comunicavano con lui solo attraverso le botte e il disprezzo. Malpelo, per segno di gratitudine, prendeva le difese del padre ogni volta che egli veniva deriso dagli altri operai, a causa del sue mite e si accontentava persino di svolgere il lavoro degli altri pur di guadagnarsi il pane.
La Morte del padre
Un giorno Mastro Misciu e suo figlio restarono soli nella cava per terminare un lavoro preso a cottimo che consisteva nell’ eliminare un pilastro dalla volta della galleria. La sera tardi, mentre Malpelo stava sistemando gli attrezzi del padre, sentì un tonfo sordo e il pilastro cadde all’improvviso addosso a Mastro Misciu. Quando l’ingegnere della cava e zio Mommu vennero a sapere dell’accaduto, il padre di Malpelo era ormai già morto. Nel momento in cui andarono a cercarlo nessuno fece caso al figlio che scavava nella rena nella speranza di ritrovare il padre in vita. Da allora, Malpelo non si volle più allontanare da quella galleria e diventò crudele quasi volesse vendicare sui deboli tutto il male che gli altri avevano fatto a lui e al suo Babbo.
Il rapporto fra Malpelo e Ranocchio
Poco tempo dopo la morte del padre, nella cava venne a lavorare un ragazzino piccolo e gracile che prima faceva il manovale. A causa della sua camminata gli venne dato l’appellativo di Ranocchio e diventò subito oggetto di tirannia da parte di Malpelo che, dando sfogo alla sua rabbia lo picchia e lo insulta spronandolo a reagire in quanto vuole che Ranocchio impari la dura legge dell’esistenza. In realtà,Malpelo, prova un sentimento di pietà per Ranocchio e la sua amicizia lo porta a provare preoccupazione per la sua sopravvivenza in miniera. Per far si che non gli accada niente di grave nella cava, Malpelo aiuta Ranocchio nei lavori più pensanti e gli offre la sua razione di cibo perché che non muoia di fame, proprio come aveva Mastro Miscu aveva fatto con lui.
Il ritrovamento di Mastro Misciu
Con il passare del tempo venne ritrovata una scarpa di Mastro Misciu Bestia;, questa notizia sconvolse Malpelo tanto che volle andare a lavorare in un altro punto della cava. Una volta rinvenuto il corpo del marito, la madre di Malpelo rimpicciolì i calzoni e la camicia adattandoli al figlio il quale per la prima volta fu vestito quasi a nuovo. L’attaccamento morboso agli oggetti del padre dimostrava la continuità degli affetti che veniva esercitata attraverso il lavoro.
La morte dell’asino grigio e di Ranocchio
Due eventi luttuosi colpirono nuovamente Malpelo nei suoi affetti più cari e lo portarono verso una solitudine totale. L’asino grigio, sfogo di tutta la cattiveria di Malpelo morì di stenti e di vecchiaia
e non poco tempo più tardi, la stessa sorte toccò a Ranocchio che morì di tubercolosi.
Quando Malpelo andò a trovare a casa Ranocchio non capì perché la madre si disperasse tanto, non capì se il suo dolore fosse solo utilitaristico o propriamente affettivo. Malpelo non aveva mai conosciuto amore e non riusciva a comprendere una tale disperazione come se quel” figliuolo” guadagnasse 10 lire la settimana.
La scomparsa di Malpelo
Con la morte di Mastro Misciu, Malpelo viene completamente abbandonato: non ha più una famiglia poiché la vedova di Mastro Misciu e la sorella di sposano entrambe.
Senza niente più da perdere, la sua vita non vale più nulla e Malpelo decide di rischiare e va verso lo stesso destino che aveva avuto il padre:la cava non perdona e la morte sarà la fine della sofferenza e l’unica liberazione possibile.
CONTESTUALIZAZIONE
La Novella è chiaramente ispirata ai canoni veristi che conobbero larga diffusione, in particolare, nella seconda metà dell’Ottocento.
La conversione letteraria di Verga al Verismo si può datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata una novella intitolata Nedda, definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non è più urbano ma rurale; la storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti sono umili contadini. La protagonista della vicenda è una donna, la sua situazione è tragica e concreta, non astratta e sentimentale.
Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro del lavoro dello scrittore catanese, nella novella di Rosso Malpelo ritroviamo, infatti, tutti questi aspetti.
L’opera di Verga va inquadrata soprattutto da un punto di vista socio – economico – politico, per comprendere appieno le sue tematiche: è il periodo della rapida industrializzazione, in un paese fondamentalmente agricolo. Nel sud corrisponde alla crisi agraria ed all’inizio dell’emigrazione. Verga è un intellettuale meridionale che mostra questi disagi: esprime l’estraneità della cultura meridionale alla industrializzazione del nord. Questo gli consente di vedere limiti e contraddizioni del tanto decantato progresso: perdita di valori umani, sopraffazione, corsa all’arricchimento sulla pelle degli altri. Nella conclusione: la "disperata rassegnazione" di Malpelo sembra essere la stessa di Verga; l’autore da al personaggio la sua stessa sfiducia sulla possibilità di cambiare la condizione umana (determinata dalla legge della sopravvivenza del più forte), il suo scetticismo nei confronti di ogni possibilità di progresso, si è "vinti" proprio nel tentativo di progredire.